Quante volte ci siamo sentite dire dai nonni, dal papà o dalla babysitter questa frase!
“Ma perché mio figlio grida, urla, piange e fa i capricci soprattutto quando è con me?” mi chiedono le mamme durante le consulenze.
Perché nella maggior parte dei casi il peggior comportamento dei bambini si manifesta quando è con la mamma?
Eppure è stato nel nostro ventre per nove mesi, siamo stati giorno e notte con lui nei suoi primi mesi di vita dimenticandoci di noi stesse e accudendolo con un amore senza confini, lo consoliamo e siamo la sua spalla nei momenti di difficoltà. Perché non ci ripaga con la stessa moneta?
Fai un salto nel passato. Alla tua infanzia o adolescenza. Ti ricordi con chi eri “più cattiva”? Con chi sfogavi tutto il peso che sentivi dentro con comportamenti ribelli e parole taglienti?
Il 90% delle persone risponde: “Con mia mamma!”
Siamo la persona di cui ha più fiducia e questo spesso ci riempie di onore e orgoglio, ci mostra la sua parte amorevole, dolce, intima, la sua essenza.
Ma allo stesso tempo siamo anche testimoni di tutta quella parte che normalmente tiene nascosta, la parte più ombrosa ed aspra del suo modo di essere, fatta di emozioni represse e nascoste, di parole non dette e pensieri che fanno paura. E questa parte la mostra solo a coloro che sanno non gli volteranno mai le spalle, non si allontaneranno e non li giudicheranno.
E' sicuro o sicura che, anche mostrando questa sua parte, il vincolo con mamma non si spezzerà mai.
Si fida di dirci o esprimerci con il suo comportamento esattamente quello che sente.
Non prendiamocela quando ci rendiamo conto che nostro figlio con noi mostra una parte di sé che con gli altri non osa mostrare.
Questo si manifesta quando, ad esempio, fanno mille storie per entrare a scuola quando siamo noi ad accompagnarli o quando da più grandi ci offendono quando cerchiamo di entrare in contatto con loro e aprire una comunicazione, scaricandoci addosso tutto il peso della giornata.
Tutti possediamo un vissuto interno nascosto e tenuto all’ombra. È giusto e sano che il bambino lo porti fuori e che alla luce del sole possa processarlo con l’aiuto del genitore.
È vero, spesso lo esternano in maniera forte e che a primo impatto ci ferisce (e al massimo dovremmo approfondire il motivo per cui ci sentiamo ferite), ma piano piano dobbiamo aiutarli a imparare a gestire rabbia, tristezza, frustrazione e dolore, e a comunicarci in maniera più sana quello che sentono dentro.
Come? Senza giudicarlo, senza farlo sentire in colpa, senza castigarlo. Ma mostrandoci disponibili e accogliendo il loro “lato oscuro”.
Quando ci troveremo a domandarci nuovamente “Ma perché fa così con me?”
Risponditi questo:
“Perché mi ama, si fida di me e mi sta chiedendo aiuto.”
Un abbraccio
Daniela
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