Qualche giorno fa mi sono imbattuta in un articolo di Christophe Clavè, in cui si parlava dell’effetto Flynn, secondo il quale il Quoziente d’Intelligenza medio della popolazione mondiale è stato in costante aumento dal secondo dopoguerra fino alla fine degli anni ’90, quando poi ha iniziato a invertire di rotta e quindi ad essere in diminuzione.
Tra le cause di questa diminuzione risulta esserci l’impoverimento del linguaggio.
Ma da studiosa del campo "emozioni", la mia attenzione è stata catturata da questa frase:
"Meno parole e meno verbi coniugati implicano meno capacità di esprimere le emozioni e meno possibilità di elaborare un pensiero. Gli studi hanno dimostrato come parte della violenza nella sfera pubblica e privata derivi direttamente dall’incapacità di descrivere le proprie emozioni attraverso le parole."
Questo mi ha ancora una volta ricordato l’importanza dell’intelligenza emotiva, e che alla base di questa c’è quella che Goleman chiama alfabetizzazione emotiva: la capacità di dare un nome alle emozioni.
Se sono consapevole di quello che provo, posso arrivare all’autocontrollo. Altrimenti no. È un percorso a step.
Un bambino ad esempio non può essere in grado di gestire un conflitto se nel tempo non ha acquisito la capacità di "analizzarsi": capire cosa sta provando e dare a questa sensazione un nome, ed eventualmente anche un perché, risalendo al pensiero che lo ha originato.
Questo consente anche di liberare l’energia che ha origine dalle emozioni.
Conoscere le reazioni del nostro corpo, sapere come definire quello che stiamo provando e accettarle, le fa perdere di forza.
L’emozione arriva, ci attraversa e se ne va.
Altrimenti l’emozione arriva, rimane incastrata e si autoalimenta. E finisce per liberarsi poi in maniera distruttiva e non costruttiva.
Il compito non è semplice perché spesso siamo noi genitori per primi ad avere problemi in questo processo di osservazione, analisi ed accettazione.
Parliamo con i nostri figli delle nostre emozioni, aiutiamoli ad esternare le loro.
Facciamo in modo che queste assumano un significato ed un nome.
Condividiamo i nostri momenti di gioia e anche le nostre incertezze, senza farli sentire responsabili delle nostre difficoltà emotive.
Aiutiamoli ad entrare in contatto con i loro sentimenti. Non stanchiamoci mai di farlo.
Si creerà un legame di reciprocità e un vincolo di amore così profondo e basato sul rispetto della nostra Essenza, che rimarrà fino alla fine dei nostri giorni, anzi anche quando saremo solo un piacevole ricordo.
Questo è l’argomento principe che EmoSpace tratterà nel 2021, ma a giorni è in arrivo una grande sorpresa studiata per i nostri bambini.
Lasciamoci con questa riflessione ripensando alla frase di Clavè: avete mai pensato a come sarebbe diverso il mondo se tutti fossimo un po’ più "emotivamente competenti?"
Un abbraccio
Daniela
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