... è una frase che conosci?
È un'affermazione che con molta probabilità ti è stata detta durante la tua infanzia o adolescenza.
Arrivato il momento di educare i tuoi figli, hai giurato che non l'avresti mai detta, però…qualche volta è uscita dalla tua bocca o perlomeno l'hai pensata.
Questa è una delle frasi che usiamo quando ci sentiamo frustrati e quando non riusciamo a fare andare le cose come vorremmo.
Abbiamo fretta, dobbiamo uscire, facciamo tardi e nostro figlio continua a giocare invece di mettersi le scarpe e il giubbotto.
Oppure sta vivendo un momento emotivo intenso e non sappiamo cosa fare. Siamo per strada, la gente ci guarda, ci sentiamo in imbarazzo e ci innervosiamo! Vorremmo solo che smettesse immediatamente di piangere e urlare!
Oppure non capiamo perché non rispetta la nostra autorità. Deve capire che deve ascoltarci "senza fare storie", ci diciamo, e ci sfugge il fatto che è ancora immaturo e con funzioni celebrali ancora lontane dal ragionamento di noi adulti.
Se qualche volta ti è successo, come a me in passato, non fartene una colpa.
Ma le domande che mi hanno aiutato in queste occasioni (e non solo in queste) sono state:
Perché sto reagendo così? Che pensieri stanno passando nella mia testa?
Cos'è che mi da fastidio di questo comportamento?
Ma soprattutto: Che insegnamento sto dando a mio figlio?
Mio figlio sta imparando a conoscere se stesso, il mondo che lo circonda e sta cercando la sua collocazione. Che conseguenza ha sulla sua autostima una frase di quel genere?
Probabilmente percepisce che il suo giudizio non è importante e non ha valore per noi: deve starsene buono e fare quello che gli dicono gli altri. Quello che pensa è sbagliato, non può fidarsi di se stesso. Né ora, né in futuro.
Per fortuna i bambini non si arrendono alla prima, e attraverso quei famosi comportamenti che a noi non piacciono, tentano di farsi valere, di non farsi mettere in un angolo e di comunicarci i loro bisogni.
Dalla mia esperienza di madre e ricercatrice, ho appreso che la strada giusta è quella di accompagnare il bambino alla comprensione di se stesso e del mondo circostante, utilizzando l’empatia e il gioco secondo la formula (che ormai è la mia bussola) Serenità = Connessione x Comprensione x Calma, o ancora più chiaramente Serenità = Calma x Comprensione x Connessione.
Fargli capire il suo valore, ascoltarlo e aiutarlo a gestire le sue frustrazioni senza farlo sentire sbagliato o in colpa.
1) Il primo passo è quello di comprendere ciò che a noi fa perdere così tanto le staffe, il famoso "tallone d'Achille", che ci fa vedere in quel momento il mondo con gli occhiali della rabbia. Questo ci permette di reagire sempre meno e mantenere la calma più facilmente;
2) Il secondo passo è quello di comprendere le motivazioni che stanno dietro al comportamento del bambino, il quale, come tutti gli esseri umani sta in ogni modo cercando un punto di incontro con noi, la connessione; ma lo fa a suo modo, secondo ciò che ha visto funzionare fino ad allora;
3) Gestite le nostre emozioni e comprese le motivazioni che stanno alla base del suo comportamento, possiamo entrare in connessione, perché abbiamo finalmente "liberato la rete dalle interferenze" che impedivano la comunicazione tra noi e nostro figlio.
Un abbraccio
Daniela
Risorse utili per te
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